martedì 13 ottobre 2015

Si preannuncia una importante novità sul limite all'uso del contante.



Il premier ha annunciato che la misura, sollecitata dall'Ncd, sarà inserita nella manovra: "Riportiamo i livelli alla media europea".

Il limite attuale è stato introdotto dal governo Monti, mentre il quarto governo Berlusconi l'aveva alzato a 12.500 euro. Sono esclusi gli acquisti dei turisti extra Ue

Il tetto ai pagamenti in contante, fissato nel 2011 a mille euro con l’obiettivo di contrastare il riciclaggio e l’evasione, sarà triplicato “portandolo a 3mila euro”.

Ad annunciare ufficialmente l’intervento, che sarà inserito nella legge di Stabilità attesa in consiglio dei ministri giovedì, è stato Matteo Renzi, parlando a Rtl 102.5.

“Proporremo al Parlamento di riportare i livelli del contante alla media europea, al livello francese”, ha detto il premier. Che già in passato si era detto favorevole a una revisione al rialzo una volta che fosse stata avviata lafatturazione elettronica.

Il limite oggi in vigore è stato introdotto dal governo diMario Monti con il decretoSalva Italia, nel 2011.

In precedenza si potevano pagare in contanti fino a 12.500 euro, soglia che il governo Prodi nel 2008 ha ridotto a 5mila euro ma che è stata rialzata al livello precedente con la manovra d’estate del quarto governo Berlusconi, ministro dell’Economia Giulio Tremonti.

Lo stesso esecutivo, con la finanziaria del 2010, ha poi rivisto al ribasso il tetto portandolo a 5mila euro.

Nel 2011 nuovo taglio, a 2.500. Poi la scure di Monti, che ha però fatto salvi gli acquisti deituristi extra Ue: russi, giapponesi e cinesi continuano a poter comprare in contanti spendendo fino a 15mila euro. Per quanto riguarda il resto d’Europa, 11 Paesi tra cui Germania e Olanda non hanno alcuna limitazione all’uso del contante. Francia, Grecia, Spagna e Belgio prevedono invece tetti che variano dai 1.500 ai 3mila euro. Solo il Portogallo ha un limite di 1000 euro come l’Italia.

lunedì 12 ottobre 2015

OSSERVATORIO SULLE PARTITE IVA IN ITALIA AD AGOSTO 2015


Nel mese di agosto 2015 sono state aperte 16.265 nuove partite Iva. 

Rispetto allo stesso mese dell’anno precedente si osserva una flessione (-6,5%). 

La distribuzione per natura giuridica delle nuove partite IVA mostra che la quota relativa alle persone fisiche, è pari al 77,2%, 

le società di capitali si attestano al 17,5%, le società di persone circa al 4%, mentre la percentuale dei “non residenti” e “altre forme giuridiche” è pari all’1,2%. 

Rispetto ad agosto 2014, si rilevano decisi decrementi di aperture per le forme societarie: società di persone -19,4%, società di capitali -11,1%; calo più contenuto, invece, per le persone fisiche (- 4,7%). 

Riguardo alla ripartizione territoriale, circa il 42% delle nuove aperture è localizzato al Nord, il 21,7% al Centro ed il 36,1% al Sud e nelle Isole. 

Rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, i pochi aumenti di aperture di partite IVA sono localizzati in Provincia di Trento (+11,9%), Abruzzo (+6,4%) e Sardegna (+3,8%); invece le flessioni più consistenti si sono verificate in Basilicata (-22,4%), Lazio (-12,2%) e Toscana (-11,5%). 

Con riferimento alla classificazione per settore produttivo, il commercio registra, come di consueto, il maggior numero di aperture di partite Iva (25,3% del totale), seguito dalle attività professionali (11,4%) e dall’agricoltura (10,4%). 

Rispetto ad agosto dello scorso anno, tra i settori principali si osserva un aumento di partite IVA nell’istruzione (+11,7%), incrementi più contenuti per la sanità (+2,1%) e le attività immobiliari (+1,8%), mentre le flessioni più evidenti si registrano nei trasporti (-18%), edilizia (-13,3%) e servizi d’informazione (-12,2%). 

Relativamente alle persone fisiche, la ripartizione per sesso è sostanzialmente stabile, con il 62,7% delle partite Iva aperte da soggetti di sesso maschile. 

Il 47,6% delle aperture è attribuibile ai giovani fino a 35 anni e il 34,1% a soggetti tra 36 e 50 anni. 

Rispetto al corrispondente mese dello scorso anno tutte le classi di età accusano cali di aperture, principalmente la più giovane (-6,8%). 

Nello scorso mese di luglio 1.249 soggetti hanno aderito al nuovo regime forfetario, mentre 4.016 soggetti hanno aderito al regime fiscale di vantaggio . 

Entrambi i regimi esonerano i contribuenti dal pagamento di Iva ed Irap. 

Il regime di vantaggio, in vigore fino al 2014, limita l’imposta dovuta al 5% degli utili dichiarati e può essere mantenuto per cinque anni, con l’eccezione dei soggetti giovani che, fino al compimento del 35° anno di età, possono mantenerlo anche oltre i cinque anni. 

Il nuovo regime forfetario, introdotto a partire dal 2015, può essere invece riconosciuto senza limiti di tempo e fissa l’aliquota di imposta al 15% del reddito determinato forfetariamente sulla base di una percentuale dei ricavi/compensi (che varia in base all’attività esercitata). 

I requisiti per poter aderire o rimanere nei due regimi sono differenti, ad esempio il tetto massimo di ricavi/compensi è 30.000 euro per il regime di vantaggio, mentre per il regime forfetario varia tra 15.000 e 40.000 euro in base all’attività esercitata.

Complessivamente, tali adesioni rappresentano il 32,4% del totale delle nuove aperture. 

La possibilità di opzione tra i due regimi è stata prevista dal decreto “milleproroghe” (DL 192/2014) ed è valida solo per l’anno in corso, in considerazione della circostanza che da gennaio 2016 resterà in vigore solo il regime forfetario.

Dott. Victor Di Maria