martedì 10 novembre 2015

AGENZIA DELLE ENTRATE, I DIRIGENTI DECADUTI E I CONTRIBUENTI NEL PALLONE.


La giurisprudenza assesta un colpo da KO tecnico ai contribuenti. 
La Suprema Corte di Cassazione ha partorito tre sentenze, tutte depositate in data 9 novembre 2015, (sentenze numero 22800, 22803 e 22810), che sanciscono uno stop alla possibilità di eccepire il vizio di sottoscrizione degli avvisi di accertamento  in sede di ricorso contro gli atti impositivi sottoscritti  dai così detti “dirigenti decaduti”.
E' appena il caso di ricordare che la Corte Costituzionale, con la storica sentenza n. 37/2015, ha dichiarato illegittimi gli articoli 8 comma 24 del DL 16/2012, articolo uno, comma 14 del DL 150/2013 e articolo uno comma 8 del DL 192/2014, per violazione anche dell'articolo 97 della Costituzione, che dispone la regola del concorso per l’accesso alle cariche pubbliche.  

La sentenza n. 22810  mette a fuoco, in breve,  la “sorte” dei dirigenti decaduti e  la validità degli atti da essi sottoscritti. 

Riprendendo le parole della Corte, “non assume rilievo l’eventuale illegittimità del conferimento d’incarico al capo dell’ufficio siccome avvenuto in dipendenza di una norma regolamentare illegittima o, per quanto afferente, di una norma di legge dichiarata incostituzionale”. 

Nella sentenza n. 22800 è stabilito che, ai sensi dell'articolo 42 del DPR 600/73, non appare necessario che il funzionario delegato alla sottoscrizione detenga la qualifica dirigenziale, ma è invece sufficiente che sia appartenente alla “carriera direttiva” (nella sentenza n. 22810, si specifica che quanto esposto vale non solo per il delegato ma pure per il delegante).  

Per i contribuenti una piccola via di uscita deriverebbe dalla sentenza n. 22803 che ribadisce che quando il contribuente eccepisce la potenziale illegittimità della sottoscrizione, spetta all’ente impositore (Agenzia delle Entrate) fornire la prova circa la legittimità della stessa.  

E' utile ricordare che non è agevole per il contribuente verificare se il delegato detenga il potere di "firma", e se esso sia stato conferito in maniera legittima.

Insomma, per concludere, la giurisprudenza, allo stato dell'arte, sembra chiudere la strada dei ricorsi contro i provvedimenti firmati "illegittimamente" da funzionari di uno Stato che, invece, dai contribuenti pretende sempre comportamenti legittimi. 
Dott. Victor Di Maria

martedì 13 ottobre 2015

Si preannuncia una importante novità sul limite all'uso del contante.



Il premier ha annunciato che la misura, sollecitata dall'Ncd, sarà inserita nella manovra: "Riportiamo i livelli alla media europea".

Il limite attuale è stato introdotto dal governo Monti, mentre il quarto governo Berlusconi l'aveva alzato a 12.500 euro. Sono esclusi gli acquisti dei turisti extra Ue

Il tetto ai pagamenti in contante, fissato nel 2011 a mille euro con l’obiettivo di contrastare il riciclaggio e l’evasione, sarà triplicato “portandolo a 3mila euro”.

Ad annunciare ufficialmente l’intervento, che sarà inserito nella legge di Stabilità attesa in consiglio dei ministri giovedì, è stato Matteo Renzi, parlando a Rtl 102.5.

“Proporremo al Parlamento di riportare i livelli del contante alla media europea, al livello francese”, ha detto il premier. Che già in passato si era detto favorevole a una revisione al rialzo una volta che fosse stata avviata lafatturazione elettronica.

Il limite oggi in vigore è stato introdotto dal governo diMario Monti con il decretoSalva Italia, nel 2011.

In precedenza si potevano pagare in contanti fino a 12.500 euro, soglia che il governo Prodi nel 2008 ha ridotto a 5mila euro ma che è stata rialzata al livello precedente con la manovra d’estate del quarto governo Berlusconi, ministro dell’Economia Giulio Tremonti.

Lo stesso esecutivo, con la finanziaria del 2010, ha poi rivisto al ribasso il tetto portandolo a 5mila euro.

Nel 2011 nuovo taglio, a 2.500. Poi la scure di Monti, che ha però fatto salvi gli acquisti deituristi extra Ue: russi, giapponesi e cinesi continuano a poter comprare in contanti spendendo fino a 15mila euro. Per quanto riguarda il resto d’Europa, 11 Paesi tra cui Germania e Olanda non hanno alcuna limitazione all’uso del contante. Francia, Grecia, Spagna e Belgio prevedono invece tetti che variano dai 1.500 ai 3mila euro. Solo il Portogallo ha un limite di 1000 euro come l’Italia.

lunedì 12 ottobre 2015

OSSERVATORIO SULLE PARTITE IVA IN ITALIA AD AGOSTO 2015


Nel mese di agosto 2015 sono state aperte 16.265 nuove partite Iva. 

Rispetto allo stesso mese dell’anno precedente si osserva una flessione (-6,5%). 

La distribuzione per natura giuridica delle nuove partite IVA mostra che la quota relativa alle persone fisiche, è pari al 77,2%, 

le società di capitali si attestano al 17,5%, le società di persone circa al 4%, mentre la percentuale dei “non residenti” e “altre forme giuridiche” è pari all’1,2%. 

Rispetto ad agosto 2014, si rilevano decisi decrementi di aperture per le forme societarie: società di persone -19,4%, società di capitali -11,1%; calo più contenuto, invece, per le persone fisiche (- 4,7%). 

Riguardo alla ripartizione territoriale, circa il 42% delle nuove aperture è localizzato al Nord, il 21,7% al Centro ed il 36,1% al Sud e nelle Isole. 

Rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, i pochi aumenti di aperture di partite IVA sono localizzati in Provincia di Trento (+11,9%), Abruzzo (+6,4%) e Sardegna (+3,8%); invece le flessioni più consistenti si sono verificate in Basilicata (-22,4%), Lazio (-12,2%) e Toscana (-11,5%). 

Con riferimento alla classificazione per settore produttivo, il commercio registra, come di consueto, il maggior numero di aperture di partite Iva (25,3% del totale), seguito dalle attività professionali (11,4%) e dall’agricoltura (10,4%). 

Rispetto ad agosto dello scorso anno, tra i settori principali si osserva un aumento di partite IVA nell’istruzione (+11,7%), incrementi più contenuti per la sanità (+2,1%) e le attività immobiliari (+1,8%), mentre le flessioni più evidenti si registrano nei trasporti (-18%), edilizia (-13,3%) e servizi d’informazione (-12,2%). 

Relativamente alle persone fisiche, la ripartizione per sesso è sostanzialmente stabile, con il 62,7% delle partite Iva aperte da soggetti di sesso maschile. 

Il 47,6% delle aperture è attribuibile ai giovani fino a 35 anni e il 34,1% a soggetti tra 36 e 50 anni. 

Rispetto al corrispondente mese dello scorso anno tutte le classi di età accusano cali di aperture, principalmente la più giovane (-6,8%). 

Nello scorso mese di luglio 1.249 soggetti hanno aderito al nuovo regime forfetario, mentre 4.016 soggetti hanno aderito al regime fiscale di vantaggio . 

Entrambi i regimi esonerano i contribuenti dal pagamento di Iva ed Irap. 

Il regime di vantaggio, in vigore fino al 2014, limita l’imposta dovuta al 5% degli utili dichiarati e può essere mantenuto per cinque anni, con l’eccezione dei soggetti giovani che, fino al compimento del 35° anno di età, possono mantenerlo anche oltre i cinque anni. 

Il nuovo regime forfetario, introdotto a partire dal 2015, può essere invece riconosciuto senza limiti di tempo e fissa l’aliquota di imposta al 15% del reddito determinato forfetariamente sulla base di una percentuale dei ricavi/compensi (che varia in base all’attività esercitata). 

I requisiti per poter aderire o rimanere nei due regimi sono differenti, ad esempio il tetto massimo di ricavi/compensi è 30.000 euro per il regime di vantaggio, mentre per il regime forfetario varia tra 15.000 e 40.000 euro in base all’attività esercitata.

Complessivamente, tali adesioni rappresentano il 32,4% del totale delle nuove aperture. 

La possibilità di opzione tra i due regimi è stata prevista dal decreto “milleproroghe” (DL 192/2014) ed è valida solo per l’anno in corso, in considerazione della circostanza che da gennaio 2016 resterà in vigore solo il regime forfetario.

Dott. Victor Di Maria

giovedì 6 agosto 2015

BANCAROTTA - CARATTERISTICA PRINCIPALE DI ALCUNE FATTISPECIE (CASSAZIONE PENALE 20/7/2015)

IMPORTANTE SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE SUL REATO DI BANCAROTTA.



La Corte di Cassazione, nella sentenza 30.7.2015 n. 33774, nell'escursus della decisione ha precisato, tra l’altro, che:

  • mentre è certamente consentita l’opera di consulenza e di intervento svolta da un avvocato o da un consulente contabile a favore di un imprenditore o di una società in dissesto, deve invece ritenersi illecito e penalmente rilevante il fatto del legale o del consulente che, essendo consapevole dei propositi dell’imprenditore, dia a questi consigli o suggerimenti sui mezzi giuridici idonei a sottrarre i beni ai creditori o l’assista nella conclusione dei relativi negozi o svolga un’attività diretta a garantire l’impunità o che, comunque con il proprio aiuto e con le proprie preventive assicurazioni, favorisca o rafforzi l’altrui progetto delittuoso (cfr. Cass. n.49472/2013); 
  • il reato di bancarotta impropria da reato societario, di cui all’art. 223 co. 2 n. 1 del RD 267/42, come riformato dal DLgs. 61/2002, sussiste anche quando la condotta abbia solo aggravato il dissesto già esistente (cfr. Cass. n. 17021/2013); 
  • nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale il dolo è rappresentato dalla consapevolezza di dare ai beni della società fallita una destinazione diversa da quella dovuta sulla base della funzionalità dell’impresa, privando quest’ultima di risorse e di garanzie per i creditori (cfr. Cass. n. 44933/2011); 
  • la bancarotta fraudolenta per “dissipazione”, ex art. 216 co. 1 n. 1 del RD 267/42 si distingue da quella di bancarotta semplice per consumazione del patrimonio in operazioni aleatorie o imprudenti, di cui all’art. 217 co. 1 n. 2 del RD 267/42, sia sotto il profilo oggettivo, per l’incoerenza, nella prima, nelle prospettive delle esigenze dell’impresa, delle operazioni poste in essere, che sotto il profilo soggettivo, per la consapevolezza dell’autore della condotta, sempre nella prima ipotesi, di diminuire il patrimonio della stessa per scopi del tutto estranei ad essa (cfr. Cass. n. 47040/2011).
La sentenza precisa la portata delle fattispecie e segna un punto di chiarezza sulla controversa materia.

Dott. Victor Di Maria

mercoledì 5 agosto 2015

IL MINISTERO DELL'ECONOMIA E FINANZE COMUNICA I DATI DELLE ENTRATE TRIBUTARIE DEL 1° SEMESTRE 2015


Nei primi sei mesi del 2015 le entrate tributarie erariali, accertate in base al criterio della competenza giuridica, ammontano a 194.364 milioni di euro, in lieve diminuzione rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso (-335 milioni di euro, pari a -0,2%). Ai fini del confronto omogeneo tra il risultato registrato nel primo semestre del 2015 rispetto all’analogo periodo dello scorso anno, è necessario tener conto del venir meno del gettito dell’imposta sostitutiva sui maggiori valori delle quote di partecipazione al capitale della Banca d’Italia, il cui versamento ammontava a 1.692 milioni di euro ed era previsto per il solo anno 2014. Al netto di questa entrata straordinaria del 2014, le entrate tributarie erariali presentano una crescita tendenziale del +0,7% (+1.357 milioni di euro).
IMPOSTE DIRETTE
Registrano un gettito complessivamente pari a 106.075 milioni di euro, in aumento dello 0,6% (+1.505 milioni di euro) rispetto agli stessi mesi del 2014. 
L’introito dell’IRPEF cresce dello 0,7% (+577 milioni di euro) principalmente per effetto delle ritenute sui redditi dei dipendenti del settore privato (+3,8%) e di quelle dei lavoratori autonomi (+1,2%). In calo, invece, le ritenute sui redditi dei dipendenti del settore pubblico (–2,3%). Tale variazione negativa è tuttavia attribuibile al meccanismo di regolazione contabile del bonus degli 80 euro fino ad oggi corrisposto (1.000 milioni di euro), che per il settore pubblico avviene l’anno successivo a quello di attribuzione. Si registra infine un calo dei versamenti in autoliquidazione di 290 milioni; il risultato riflette gli effetti di alcuni provvedimenti previsti dalla legge di stabilità 2014 quali la rimodulazione delle detrazioni per i redditi di lavoro dipendente e la modifica delle aliquote di detrazione per interventi di efficienza energetica e ristrutturazione edilizia (rispettivamente 65% e 50% per le spese sostenute nel 2014). Inoltre si registra una diminuzione del 16 per cento dei contribuenti che hanno versato entro la scadenza di giugno ed un aumento del 5 per cento del versamento medio per contribuente rispetto ai dati dell’anno precedente.
L’IRES presenta un gettito di 9.225 milioni di euro (-596 milioni, pari al -6,1%). Questo risultato è determinato principalmente dal venir meno dei maggiori versamenti a saldo effettuati lo scorso anno a titolo di addizionale IRES (+8,5 punti percentuali per i soggetti che esercitano attività assicurativa, enti creditizi e finanziari - DL 133/2013). Il tributo era stato istituito per il solo anno d’imposta in corso al 31 dicembre 2013 ed era affluito all’erario nel mese di giugno 2014 con la scadenza a saldo dell’IRES. L’incremento registrato sull’acconto (+1,2%) è indicativo di un miglioramento tendenziale dell’attività economica. 
Tra le altre imposte dirette, aumenta dell’81,3% (+719 milioni di euro) il gettito dell’imposta sostitutiva sui redditi da capitale e sulle plusvalenze e del 92,8% (+532 milioni di euro) quello dell’imposta sostitutiva sul valore dell’attivo dei fondi pensione. Il gettito di entrambe le imposte è sostenuto dagli incrementi delle aliquote di tassazione dei redditi di natura finanziaria, rispettivamente dal 20 al 26 per cento e dall’11,5 al 20 per cento, adottati per finanziare le misure di riduzione del cuneo fiscale sul lavoro. L’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi nonché ritenute sugli interessi e altri redditi di capitale ha registrato una crescita di 1.077 milioni di euro (+26,8%) dovuta alla variazione di aliquota, dal 12,5 al 20 per cento prevista dal D. Lgs. n.44/2014, sulla tassazione dei proventi derivanti dalla partecipazione ad OICVM (Organismo di Investimento Collettivo in Valori Mobiliari) di diritto estero. L’imposta sulle riserve matematiche del ramo vita assicurazioni presenta una crescita di 217 milioni di euro (+10,3%) per effetto dell’incremento nella raccolta premi nel 2014.

IMPOSTE INDIRETTE
Il gettito ammonta a 88.289 milioni di euro con una diminuzione dell’1,0% (–917 milioni di euro) rispetto allo stesso periodo del 2014. 
Si confermano in aumento le entrate dell’IVA che crescono di 747 milioni di euro (+1,5%) per effetto dell’andamento complessivamente positivo della componente relativa agli scambi interni e dei versamenti dovuti in base all’applicazione del meccanismo dello “Split Payment” [1] (+1,8%, pari a +744 milioni), mentre risulta stabile il gettito registrato dalle importazioni dai Paesi extra-UE (+3 milioni di euro).

Le entrate dell’accisa sui prodotti energetici, loro derivati e prodotti analoghi (oli minerali) segnano un decremento di 368 milioni di euro (–3,2%). In flessione anche il gettito dell’accisa sul gas naturale per combustione (gas metano) che ha generato entrate per 1.234 milioni di euro (–981 milioni di euro, pari a –44,3%). Il meccanismo di versamento dell’imposta prevede rate di acconto mensili calcolate in base ai consumi dell’anno precedente e un saldo che viene versato l’anno successivo a quello di riferimento, entro fine marzo, in base ai consumi effettivi. Per effetto di tale meccanismo, la flessione del gettito registrata è stata determinata dalla variazione negativa del conguaglio versato a marzo 2015 sulla base dei consumi effettivi di tutto l’anno 2014, risultati inferiori a quelli del 2013.
ENTRATE DA GIOCHI
Le entrate relative ai giochi presentano, nel complesso, una crescita del 4,7% (+270 milioni di euro).

ENTRATE DA ACCERTAMENTO E CONTROLLO
Il gettito derivante dall’attività di accertamento e controllo risulta in aumento del 2,1% (+84 milioni di euro) rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

Sul sito del Dipartimento delle Finanze è disponibile il Bollettino delle entrate tributarie del periodo gennaio–giugno 2015 corredato dalle appendici statistiche e dalla guida normativa, che fornisce l’analisi puntuale dell’andamento delle entrate tributarie, e la relativa Nota tecnica che illustra in sintesi i principali contenuti del documento.
 

[1] Si ricorda che la legge di stabilità 2015 ha introdotto il meccanismo dello “Split Payment” che prevede che le pubbliche amministrazioni versino direttamente all’Erario l’imposta sul valore aggiunto che è stata addebitata loro dai fornitori.

martedì 4 agosto 2015

CASSAZIONE: NON AL PRINCIPIO DEL "NE BIS IN IDEM" PER I MANCATI VERSAMENTI DEI CONTRIBUTI INPS


E' stato un tema fortemente dibattuto in varie aule di giustizia: inesistenza del principio del "NE BIS IN IDEM" in caso omessi versamenti di contributi INPS.

Il datore di lavoro che omette il versamento dei contributi previdenziali dovuti ai dipendenti è legittimamente sanzionato due volte, sotto il profilo amministrativo e penale, senza che ciò violi il principio del "ne bis in idem" secondo cui nessuno può essere giudicato o condannato due volte per i medesimi fatti.
In tema di omesso versamento contributivo, inoltre, la crisi di liquidità dell'azienda non è da considerarsi causa di esclusione della pena in quanto nella fattispecie criminosa sussiste il dolo generico, costituito dalla consapevolezza del soggetto di omettere il versamento di quanto dovuto.
Così ha sancito la Corte di cassazione con la sentenza 31378 del 20 luglio 2015.

Il fatto
La controversia è sorta nel corso di un giudizio penale in cui un imprenditore è stato ritenuto colpevole del reato di omesso versamento dei contributi previdenziali dovuti ai lavoratori dipendenti ai sensi dell'articolo 2 del Dl 463/1983.

lunedì 20 luglio 2015

Split payment - Ambito soggettivo e oggettivo di applicazione


In base alle indicazioni di prassi, il nuovo meccanismo di applicazione dell’IVA previsto dall’art. 17-ter del DPR 633/72, denominato “split payment”, secondo cui l’obbligo di versare l’imposta relativa all’operazione effettuata dal fornitore nei confronti di un ente della pubblica amministrazione ricade sullo stesso ente pubblico, prevede alcune esclusioni. 

La scissione dei pagamenti non si applica, infatti, alle operazioni documentate con scontrino o ricevuta fiscale; né nell’ipotesi in cui l’operazione, soggetta agli stessi obblighi di documentazione di cui sopra, venga certificata con fattura emessa su richiesta del cliente, a condizione, tuttavia, che siano stati emessi anche lo scontrino e la ricevuta fiscale.  

Sono escluse dall’ambito di applicazione dello split payment anche le operazioni non imponibili, esenti, fuori campo IVA; quelle soggette a regimi speciali; quelle per le quali l’ente pubblico risulta debitore dell’imposta in base al reverse charge.

Società operanti nel settore immobiliare - Deducibilità degli interessi passivi relativi a finanziamenti garantiti da ipoteca su immobili destinati alla locazione

Finalmente una pronuncia importante, sia pure di primo grado, per risolvere una querelle che ci ha visto impegnati a sostenere quello che i giudici hanno sentenziato.

La C.T. Prov. Milano, nella sentenza 959/1/2015 ha chiarito che gli oneri finanziari passivi scaturenti da finanziamenti assistiti da ipoteca su immobili destinati alla locazione sono deducibili non solo per le "immobiliari di gestione", come da sempre affermato dall'Agenzia delle Entrate, bensì anche per tutte le altre società operanti nel settore immobiliare.

Sebbene la norma non faccia distinzioni di tipo soggettivo, l'Agenzia delle Entrate ha da sempre sostenutouna tesi diversa. Postula, a tal riguardo, le circolari 19/2009 e 37/2009 dell'agenzia delle Entrate che ha ristretto molto l'ambito soggettivo di applicazione della disciplina citata, limitandolo alle sole società immobiliari di gestione (SGR).

Tuttavia, la giurisprudenza di merito (cui si allinea la sentenza qui in commento), non condivide tale tesi e ritiene che l'esonero dal cosiddetto "test del Rol", per la deducibilità degli interessi passivi relativi a finanziamenti garantiti da ipoteca su immobili destinati alla locazione, operi per tutte le società del settore immobiliare.

A conferma che la norma non prevedeva ciò che l'Agenzia delle Entrate aveva sostenuto nelle richiamate circolari, si evidenzia che il legislatore, con una norma del disegno di legge del decreto per l'internazionalizzazione delle imprese, intende modificare l'art. 36 co. 1 della L. 244/2007, limitandone espressamente l'applicazione alle società che svolgono in via effettiva e prevalente l'attività immobiliare.

Tale nuova norma in cantiere conferma che per il passato essa non prevedeva limitazioni soggettive.

"Pessima tempora, plurimae leges", o se si vuole, "Quod principi placuit legis habet vigorem".

Victor Di Maria

martedì 7 luglio 2015

Un'altra importante sentenza in tema di sponsorizzazioni per le Associazioni Sportive Dilettantistiche


Nella sentenza 29.4.2015 n. 3819/47/15, la C.T. Prov. di Milano ha affermato che le somme corrisposte alle associazioni sportive per la sponsorizzazione di un prodotto, di un marchio o di un'attività sono qualificabili come "spese di pubblicità" per il soggetto che le corrisponde, a condizione, tuttavia, che sia verificata la sussistenza di un regolare contratto tra le parti, nonché l'inerenza del costo sostenuto rispetto all'attività dell'impresa sponsorizzata. 

Ciò consente di escludere l'assoggettamento di tali costi ai limiti di deducibilità di cui all'art. 108 del TUIR e ai limiti di detraibilità dell'IVA di cui all'art. 19 del DPR 633/72, previsti per le spese di rappresentanza.  

Nella citata sentenza, la C.T. Prov. di Milano ha richiamato i principi espressi da Cass. 5.3.2012 n. 3433, secondo cui, in primo luogo, anche i costi sostenuti per la pubblicizzazione del marchio (non solo del prodotto) sono annoverabili fra le spese di pubblicità. 

In secondo luogo, non è necessario che le attività di sponsorizzazione si traducano in un ritorno economico effettivo; è sufficiente che le suddette attività siano potenzialmente idonee a generare utili per lo sponsor.

Adesso attenderemo i termini per la verifica dell'eventuale costituzione in appello da parte dell'amministrazione finanziaria.


lunedì 29 giugno 2015

Bonus risparmio energetico anche su immobili non strumentali


Ci sono voluti anni di battaglia in contenzioso per raggiungere un importante traguardo.

Con sentenza della Commissione tributaria regionale n. 2459-12-2015 viene riconosciuto il bonus del 55% per risparmio energetico su immobili locati . diversamente da quanto finora indicato dall’Agenzia delle entrate . 

Nella circolare 36 del 2007 infatti il Fisco chiariva che I i soggetti che svolgono attività di locazione immobiliare non si applica il beneficio poiché i fabbricati concessi in affitto rappresentano l’oggetto dell’attività d’impresa e non sono beni strumentali

Il tribunale ha invece specificato che la norma ( l. 296 2006 ) che ha introdotto la possibilità di recuperare il 55% (oggi 65%) delle spese sostenute per gli interventi di riqualificazione energetica e il miglioramento termico degli edifici non specifica l'esclusione degli immobili non strumentali.


JOBS ACT: pubblicati altri due decreti attuativi. In vigore dal 25 giugno 2015


Dopo la pubblicazione dei primi due decreti legislativi, attuativi del Jobs Act (n. 22/2015 e n. 23/2015, entrati in vigore il 7 marzo scorso), sono stati pubblicati, sulla Gazzetta Ufficiale n. 144 del 24 giugno 2015 (Supplemento Ordinario n. 34), i seguenti due nuovi provvedimenti:
  1. il Decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80, recante "Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, in attuazione dell'articolo 1, commi 8 e 9, della legge 10 dicembre 2014, n. 183";
  2. il Decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, recante "Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell'articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183".
Entrambi i decreti sono in vigore dal 25 giugno 2015.

Il primo decreto legislativo, emanato in attuazione dell'articolo 1, commi 8 e 9, della legge 10 dicembre 2014, n. 183, reca misure volte a tutelare la maternità delle lavoratrici e a favorire le opportunità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per la generalità dei lavoratori. Il decreto estende le tutele genitoriali per maternità e paternità, sebbene sancisca l'applicazione dei nuovi strumenti di tutela soltanto per l'anno 2015.
Il secondo decreto legislativo, emanato in attuazione dell'articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183, sulle "tipologie contrattuali", è costituito da 57 articoli, suddivisi in 7 Capi, riguardanti:
  • Capo I - Disposizioni in materia di rapporto di lavoro (artt. 1 - 3);
  • Capo II - Lavoro a orario ridotto e flessibile
  • Sezione I - Lavoro a tempo parziale (artt. 4 - 12);
  • Sezione II - Lavoro intermittente (artt. 13 - 18);
  • Capo III - Lavoro a tempo determinato (artt. 19 - 29); - Capo IV - Somministrazione di lavoro (artt. 30 - 40); - Capo V - Apprendistato (artt. 41 - 47);
  • Capo VI - Lavoro accessorio (artt. 48 - 50);
  • Capo VII - Disposizioni finali (artt. 51 - 57).
Sono eliminati i contratti "a progetto" e le associazioni in partecipazione (artt. 52 e 53) ed i contratti di lavoro "ripartito" (o "in coppia" o "job sharing"), di cui agli artt. 41-45 del D.Lgs. n. 276/2003 (art. 55, comma 1, lett. d)).
Con il «superamento» dei contratti «a progetto» e di associazione in partecipazione (artt. 52 e 53), sono previsti incentivi alla stabilizzazione delle collaborazioni autonome (art. 54).

domenica 28 giugno 2015

Approvato il decreto legislativo sulla Riforma del sistema sanzionatorio penale e amministrativo a cura del Dott. Victor Di Maria


Il decreto legislativo ha l’obiettivo di rivedere il sistema sanzionatorio penale e amministrativo per tenere conto dei comportamenti che, seppure illeciti, sono comunque privi di elementi fraudolenti e quindi meno gravi.
Sono invece rese più severe le sanzioni penali in caso di comportamenti fraudolenti.  
FRODE FISCALE:
Viene dettagliata la tipologia delle condotte fraudolente che si hanno quando
1) si mettono in atto operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente o artifizi per ostacolare l’attività di accertamento;
2) il contribuente si avvale di documenti falsi, fatture false o altri mezzi fraudolenti.  
Per la frode fiscale la pena rimane quella attualmente prevista del carcere fino a 6 anni.  
Resta la norma oggi in vigore secondo cui sotto i 30.000 euro di imposta evasa il contribuente non incorre nel reato di frode fiscale.  
Viene rivista la soglia di punibilità del reato in riferimento all’ammontare dei ricavi non dichiarati, che deve essere superiore a 1,5 milioni di euro (anziché un milione).
Si configura la frode fiscale anche quando l’ammontare complessivo dei crediti e delle ritenute fittizie che vengono portate in diminuzione dell’imposta, è superiore al 5% dell’imposta complessiva, o comunque a 30.000 euro.  
DICHIARAZIONE INFEDELE:
la soglia di punibilità sale da 50.000 euro a 150.000 euro di imposta evasa.
Il reato scatta anche quando l’imponibile evaso supera i 3 milioni di euro (prima il limite era di 2 milioni) o comunque il 10% del totale dei ricavi. In questo caso il reato è punito con il carcere fino a 3 anni.

OMESSO VERSAMENTO DELL’IVA 
Il decreto introduce la soglia di punibilità pari a 250.000 euro per ciascun periodo di imposta. Al di sotto di tale soglia si applicano le sanzioni amministrative.

SANZIONI AMMINISTRATIVE
Il decreto dà attuazione al principio di proporzionalità delle risposta sanzionatoria di fronte a condotte illecite che riguardano le imposte dirette, l’iva e la riscossione dei tributi.
L’obiettivo è di graduare le sanzioni, anche riducendole per gli illeciti di più lieve disvalore.
Ad esempio, in caso di omessa dichiarazione, la sanzione è proporzionale al ritardo nell’adempimento.
Se la dichiarazione viene poi presentata entro il termine per la dichiarazione dei redditi successiva, la sanzione base è ridotta della metà.
Nei casi di condotte fraudolente, invece, la sanzione viene aumentata del 50%.
E’ prevista inoltre una riduzione di un terzo della sanzione base nel caso in cui la maggiore imposta accertata o il minore credito accertato siano complessivamente inferiori al 3% rispetto all’imposta o al credito dichiarato.
Dott. Victor Di Maria

DECRETI LEGISLATIVI IN LETTURA PREVENTIVA: DELEGA FISCALE - riscossione

DELEGA FISCALE
Semplificazione e razionalizzazione delle norme in materia di riscossione; riordino delle agenzie fiscali; riforma del sistema sanzionatorio penale e amministrativo; stima e monitoraggio dell’evasione fiscale e monitoraggio e riordino delle disposizioni in materia di erosione fiscale; contenzioso e interpello (decreti legislativi - esame preliminare)  

1 - Semplificazione e razionalizzazione delle norme in materia di riscossione

L’obiettivo del provvedimento è quello di creare un sistema di riscossione che favorisca la compliance, attraverso norme che inducano il contribuente ad adempiere spontaneamente ai versamenti delle imposte, anche attraverso forme più ampie di rateizzazione. Anche l’erario potrà beneficiare di una maggiore certezza nei tempi di riscossione e di modalità semplificate. 

In caso di definizione concordata dell’accertamento, il pagamento può essere effettuato in quattro anni, anziché tre, con un minimo di otto rate e un massimo di sedici.   

Viene introdotto il principio del ‘lieve inadempimento’, secondo cui non è prevista la decadenza della rateizzazione nel caso di ritardo del versamento fino a 5 giorni, o di un minor versamento fino al 3% del dovuto con un limite massimo di 10.000 euro.  

L’avviso di accertamento diventa esecutivo. Viene poi introdotta la possibilità di utilizzare la posta elettronica, oltre che la semplice raccomandata, per comunicare al contribuente l’affidamento delle somme da parte dell’ente creditore all’agente della riscossione. 

Per rispondere con maggiore velocità e snellezza di procedure alle esigenze dei contribuenti legate ad un contesto di grave congiuntura economica, viene espressamente stabilito che l’agente della riscossione concede la dilazione del pagamento delle somme iscritte a ruolo, fino ad un massimo di 72 rate mensili, dietro semplice richiesta del contribuente che dichiari di versare in una situazione temporanea di difficoltà. 

Per somme superiori a 50.000 euro la dilazione può essere concessa solo se il contribuente fornisce adeguata documentazione. 

L’aggio per i concessionari della riscossione è sostituito dagli oneri di riscossione, che sono commisurati agli effettivi costi del servizio e che comunque non possono superare il 6% del riscosso (oggi l’aggio è all’8%).

domenica 31 maggio 2015

Slalom gigante per le agevolazioni assunzioni....


La presenza, per il 2015, dell’esonero contributivo triennale previsto dal comma 118 dell’art.1 della legge n. 190 del 23 dicembre 2014 ha riproposto all’attualità la possibilità di gestire con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato prestazioni di lavoro svolte con strumenti giuridici diversi, in particolare in riferimento ad amministratori, soci e familiari. Non solo: l’inizio della stagione estiva potrebbe portare all’utilizzo del part time ciclico a tempo indeterminato, in luogo del tradizionale contratto a termine stagionale.
 Al di là della convenienza, è opportuno analizzare in modo approfondito gli elementi sostanziali della configurabilità del lavoro subordinato a tempo indeterminato nei casi sopra riportati, e non solo le condizioni previste per beneficiare dell’esonero.
Quest’ultime, in estrema sintesi, prevedono che alle assunzioni effettuate nel periodo 1° gennaio 2015 - 31 dicembre 2015 sia riconosciuto, per un periodo massimo di trentasei mesi, l’esonero dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, nel limite massimo di 8.060 euro su base annua.
Non sono esonerabili le assunzioni relative a lavoratori che nei sei mesi precedenti siano risultati occupati a tempo indeterminato presso qualsiasi datore di lavoro e non spetta con riferimento a lavoratori per i quali il beneficio sia già stato usufruito in relazione a precedente assunzione, dello stesso datore di lavoro, a tempo indeterminato. 

L’esonero inoltre non spetta ai datori di lavoro in presenza di assunzioni relative a lavoratori in riferimento ai quali i datori di lavoro, anche considerando società controllate o collegate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto, hanno comunque già in essere un contratto a tempo indeterminato nei tre mesi antecedenti la data di entrata in vigore della disposizione.

Analizzando i casi sopra anticipati, gestire le attività stagionali non con contratti temporanei, come il contratto a termine e la somministrazione, ma con part time verticali a tempo indeterminato è perfettamente legittimo e non contrasta con la possibilità di beneficiare dell’esonero.

Il problema principale di tale costruzione è rappresentata dall’impossibilità per i lavoratori di ricevere indennità per la disoccupazione, l’odierna NASpI, per i periodi di non lavoro, fermo restando che il contratto rimane in essere e quindi il lavoratore non si trova tecnicamente in una situazione di perdita involontaria dell’occupazione. 

Già in passato, con i previgenti istituti per la disoccupazione, la questione era stata oggetto di interesse, sfociata con la sentenza della Corte Costituzionale 24 marzo 2006 (si veda anche la circolare INPS 55/2006): il perdurare del rapporto di lavoro nei periodi di sosta assicura al lavoratore impiegato a tempo parziale verticale “una stabilità ed una sicurezza retributiva, che impediscono di considerare costituzionalmente obbligata una tutela previdenziale della retribuzione nei periodi di pausa della prestazione” lavorativa.

Sicuramente la situazione determina un contrasto diretto tra istanze del lavoratore e del datore di lavoro, dove reciprocamente il vantaggio di una parte del contratto diventa uno svantaggio dell’altra.

Nella non semplice gestione di tale contrasto, si registrano prassi a livello territoriale, non condivisibili, dove l’esonero non viene riconosciuto dall’INPS nelle attività stagionali con chiusura annuale, mentre viene riconosciuto per le punte di attività stagionali.

Altra situazione interessata dagli allettanti vantaggi dell’esonero riguarda il lavoro dei familiari, soprattutto nelle piccole imprese o nelle ditte individuali.

L’instaurazione di un contratto di lavoro subordinato con un familiare stretto, è difficilmente prospettabile nell’ambito di un’impresa individuale in quanto in tale contesto opera una presunzione di gratuità della prestazione, in particolare per il familiare convivente, trovando essa causa nei vincoli di affetto e solidarietà del contesto familiare.
La presunzione, ovviamente, non è un divieto assoluto ma determina un maggior rigore probatorio: per superare la presunzione di gratuità della prestazione è necessario che sia data la piena prova dell’instaurazione di un rapporto subordinato, mediante la dimostrazione dell’assoggettamento al potere direttivo del familiare datore di lavoro, la c.d. etero direzione, e dell’erogazione di un corrispettivo periodico al familiare dipendente.

Come afferma il consolidato orientamento giurisprudenziale in materia, la convivenza del figlio di fatto rende impossibile la configurabilità della subordinazione (si segnalano, tra le recenti pronunce, Cass. 05-09-2014, n. 18783 e Corte di Appello di Genova 14 aprile 2014).

Infine, per gli amministratori, è necessario ricostruire il quadro giurisprudenziale relativo alla compatibilità della carica in una società di capitali con la qualifica di lavoratore subordinato.

Con la sentenza 329/2002, la Corte di Cassazione ha affermato che “la qualità di amministratore di una società di capitali è compatibile con la qualifica di lavoratore subordinato della medesima ove sia accertata l'attribuzione di mansioni diverse dalle funzioni proprie della carica sociale rivestita e in caso di attribuzione allo stesso soggetto solo delle funzioni inerenti al rapporto organico, la nullità del rapporto di lavoro avente ad oggetto quelle stesse attività non esclude il diritto al distinto compenso specificamente deliberato in favore degli amministratori”.

In sintesi, è possibile cumulare, in via generale, i due rapporti purché siano rispettati le seguenti condizioni:
  1. Sussistenza di un rapporto di subordinazione, caratterizzato dalla soggezione all’eterodirezione;
  2. Alterità oggettiva tra le prestazioni in esecuzione del rapporto di lavoro subordinato e quella svolta come amministratore.
Riguardo al primo punto, è necessario che l’amministratore non assorba nella sua carica tutti i poteri di direzione, controllo e rappresentanza della società, o comunque poteri di amministrazione straordinaria o la totalità dell’amministrazione ordinaria, rendendo di fatto impossibile una soggezione di dipendenza verso un qualunque soggetto o organismo della stessa. 
E quindi, in altri termini, deve sussistere un soggetto, ovvero un organismo, come il cda, che eserciti i poteri tipici della subordinazione, ancorché attenuata da una eventuale carica dirigenziale.
Dott. Luca Vannoni
Fonte: Euroconference 

La precedente carica di amministratore rispetto a una successiva assunzione a tempo indeterminato non è preclusiva dell’esonero anche all’interno dei 6 mesi antecedenti l’assunzione.

Assicurazioni: dall’1 giugno addio all’attestato di rischio cartaceo




Dal 1° giugno il documento che attesta la classe universale di appartenenza dell’assicurato e il numero degli incidenti avuti negli ultimi anni, sarà solo online.  

A partire da tale data, infatti, per tutti i contratti in scadenza dall’1 luglio, il nuovo “attestato dinamico” (in contrapposizione a quello “statico” cartaceo) sarà disponibile soltanto in formato elettronico e non sarà più inviato materialmente agli assicurati ma sarà depositato in una banca dati gestita dall’Ania, sotto il controllo dell’Ivass. 


La compagnia “uscente”, oltre all’obbligo di depositare l’Adr nella banca dati comune, deve altresì mettere a disposizione del contraente l’attestato sul proprio sito internet (attivando un’apposita area riservata per i clienti), nonché, su richiesta dello stesso, via mail, mediante Whatsapp e altre applicazioni per smartphone o tablet e persino tramite Facebook.



domenica 17 maggio 2015

Accertamento induttivo da parte del fisco. Da considerare la crisi economica contestualizzandone le notizie del periodo



In tema di accertamento tributario, l'adozione del criterio induttivo per la ricostruzione dei ricavi impone all'ufficio l'utilizzazione di dati e notizie inerenti al medesimo periodo d'imposta al quale l'accertamento si riferisce. 

Nell'accertamento induttivo, l'irrilevanza della fonte di acquisizione delle notizie è cosa diversa dall'inerenza di queste a un determinato specifico periodo d'imposta, attesa l'autonomia di ciascun periodo d'imposta e l'assenza della presunzione di costanza di redditività in anni diversi. 

Si aggiunga che lo sbilancio tra costi e ricavi, senza dare risalto allo stato economico dell'impresa e alla presenza di caratteristiche (stranezza, singolarità e contrasto con elementari regole economiche e di esperienza), non è tale da renderlo immediatamente percepibile come inattendibile secondo il senso comune. 

In virtù di ciò la CTR Lazio non avrebbe dovuto acriticamente appiattirsi sulle difese dell'Agenzia, trascurando del tutto di approfondire alcuni dati pacifici “quali la sofferenza derivante dalle notorie difficoltà del maggior committente del settore e l'infausta evoluzione del ciclo economico che ha portato in pochi anni la società contribuente al tracollo e al fallimento”. 

Cartelle. Prova del contenuto della raccomandata....



Spetta al mittente dimostrare il contenuto della raccomandata e a questa regola non può sottrarsi Equitalia e Riscossione Sicilia SpA quando ha inviato la cartella di pagamento per posta e il contribuente contesta di averla ricevuta. 

È quanto emerge dall’ordinanza 12 maggio 2015 n. 9533 della Corte di Cassazione – Sesta Sezione Civile T. 

Gli ermellini hanno sostenuto che “l’onere di fornire la dimostrazione della corrispondenza tra atto notificato e atto invocato in giudizio compete a chi ha interesse a invocarne l’efficacia, nella specie di causa, appunto Equitalia”, tanto che, infatti, l’articolo 26, ultimo comma, onera l’agente della riscossione della conservazione quinquennale della cartella o della ricevuta di notifica. 

Quando, poi, la cartella di pagamento è stata notificata con invio diretto della raccomandata postale, “l’avviso di ricevimento (alla stregua di qualsiasi atto pubblico) fa fede esclusivamente delle circostanze che ivi vi sono attestate, tra le quali non figura certamente la certificazione circa l’integrità dell’atto che è contenuto nel plico e men che meno la certificazione della corrispondenza tra l’originale dell’atto e la copia notificata”. 

Ne deriva che è onere del mittente il plico raccomandato fornire la dimostrazione del suo esatto contenuto, sicché, in difetto di ciò, il presupposto dell’avvenuta notifica della cartella, nel caso di specie, “non avrebbe di certo potuto considerarsi raggiunto”. 

Concorso nel Reato di dichiarazione fraudolenta e di emissione di fatture per operazioni inesistenti da parte del commercialista se....



Risponde dei reati di dichiarazione fraudolenta e di emissione di fatture per operazioni inesistenti, in concorso con l’imprenditore, il consulente fiscale dell’azienda che, sapendo delle irregolarità, non ha rinunciato al mandato.  

È quanto emerge dalla sentenza 11 maggio 2015 n. 19335 della Corte di Cassazione – Terza Sezione Penale. 

Gli ermellini hanno confermato la condanna a due anni di reclusione inflitta dai giudici di merito al titolare di uno studio di elaborazione contabile in relazione agli addebiti di concorso nell’emissione (art. 8, D.Lgs. n. 74/2000) e concorso nell’utilizzazione (art. 2, D.Lgs. n. 74/20000) di fatture per operazioni inesistenti. 

Secondo la Corte, a buon diritto i giudici territoriali hanno ritenuto che il professionista avesse fornito un contributo intenzionale e consapevole alla realizzazione della frode, agevolando e rafforzando il proposito criminoso dei vertici societari, posto che “un soggetto professionalmente esperto” come l’imputato non poteva che avere “piena conoscenza dell’intento fraudolento della fatturazione e conseguente reperimento in bilancio di documenti irregolari”; sicché l’aver “proseguito nelle consulenza” – scrivono i supremi giudici – “e nella prestazione dei servizi anche dopo il primo esercizio, pur a fronte di evidenti segnali di irregolarità nelle operazioni svolte e della documentata evasione delle imposte, corrisponde ad una condotta interamente connotata dal dolo generico, sufficiente all’integrazione da parte del ricorrente dei reati oggetto di contestazione”. 

lunedì 13 aprile 2015

No ai Contributi richieste all'inail se non in regola con il DURC


Con la Nota del 7 aprile 2015, l’INAIL precisa che per la richiesta dei contributi per la realizzazione di progetti che migliorino i livelli di salute e sicurezza sul lavoro sono necessari, a pena di esclusione, regolarità contributiva e DURC

Dunque le imprese che intendono richiedere i contributi INAIL devono, ai sensi dell’art. 4 dell’Avviso pubblico, essere obbligatoriamente in regola con gli obblighi assicurativi e contributivi, fatto salvo quanto previsto dall’art. 31, comma 8 e 8 bis, della Legge n. 98/2013 (semplificazioni in materia di DURC), per quanto riguarda l’invito alla regolarizzazione ed il pagamento diretto agli Enti previdenziali e assicurativi e alla Cassa Edile di quanto dovuto per le inadempienze contributive accertate.

FABBRICATI LOCATI ASSOGGETTATI SIA A .......


Se i fabbricati sono locati, il reddito da essi derivanti sarà assoggettato sia ad IMU che alle imposte sui redditi.
In particolare, i fabbricati concessi in locazione potranno scontare:
  1. IRPEF, qualora siano locati a tassazione ordinaria;
  2. l’imposta sostitutiva, in caso di opzione da parte del locatore per la cedolare secca.
Come noto, il Legislatore con l’art. 3, D.Lgs. n. 23/2011 contenente “Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale” ha introdotto a decorrere dal 2011 la c.d. “cedolare secca”.
Il nuovo regime di tassazione “alternativo” rispetto a quello ordinario IRPEF è riservato alle persone fisiche in relazione ai redditi fondiari derivanti dalla locazione di immobili ad uso abitativo.