martedì 13 maggio 2014

MODELLO 770 PROVA DEL REATO PER OMESSO VERSAMENTO DELLE RITENUTE di Victor Di Maria



Cassazione penale sentenza del 31 ottobre 2013

La prova del pagamento delle retribuzioni può essere fornita dal pubblicato ministero mediante la produzione del modello 770. È quanto emerge dalla sentenza 12 maggio 2014 n. 19454 della Corte di Cassazione – Terza Sezione Penale.

Il caso.
 La Suprema Corte ha esaminato il caso di un imprenditore bresciano condannato alla pena della reclusione (5 mesi e 24 giorni) per il reato di omesso versamento delle ritenute certificate ex art. 10-bis del D.Lgs. n. 74 del 2000.

La difesa. 
Con il ricorso l’imputato ha denunciato l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge penale.

A parere della Corte territoriale, la presentazione dei Modelli 770, con allegate le attestazioni nominative, era indice delle operate ritenute e dell’avvenuto rilascio delle attestazioni. In realtà, nel corso delle indagini il PM si era rivolto all’Agenzia delle Entrate, la quale aveva comunicato di essere impossibilitata a verificare se il sostituto d’imposta avesse provveduto a rilasciare le certificazioni. La difesa, pertanto, ha dedotto l’assenza di prova in merito alla consegna delle certificazioni relative alle somme trattenute e da versare all’Erario, per cui, in mancanza di tale presupposto, non poteva dirsi configurato il reato contestato.

Conferma della sentenza gravata. 
Ebbene, le argomentazioni difensive dell’imputato non hanno trovato terreno fertile presso le aule del Palazzaccio. Per gli Ermellini, infatti, la Corte d’appello di Brescia hacorrettamente ritenuto che la prova del rilascio della certificazione (quindi dell’effettiva corresponsione delle retribuzioni e delle trattenute operate) potesse ricavarsi da un dato “assolutamente non equivoco” (ossia il Mod. 770), poiché proveniente dallo stesso datore di lavoro obbligato.

In altre parole, la Corte territoriale ha ritenuto non necessario verificare, sostituito per sostituito, se questi ultimi avessero ricevuto l’attestazione (Mod. CUD o altro) da parte dell’imputato, “poiché la presentazione della dichiarazione Mod. 770, con allegate le attestazioni nominative, è indice inequivocabile delle operate ritenute e delle rilasciate certificazioni” (cfr. Cass. Sez. III pen., sentenze n. 14443/2012, n. 27718/2012 e n. 44275 del 2013).

La Suprema Corte rigetta il ricorso dell’imprenditore condannandolo al pagamento delle spese processuali.

Per la non punibilità penale dell'omesso versamento IVA occorre la prova di Victor Di Maria

Cassazione Penale, sentenza depositata il 12 maggio 2014

L'imprenditore non è perseguibile penalmente se l’omesso versamento dell’IVA è dipeso da una grave crisi di liquidità determinata da circostanze eccezionali e non preventivabili, ossia per cause indipendenti dalla sua volontà e a lui non imputabili. Tale circostanza, tuttavia, deve essere documentalmente provata.

La sentenza. È quanto ha avuto modo di ribadire la Corte di Cassazione – Terza Sezione Penale nella sentenza 12 maggio 2014 n. 19426.

Il caso. Con la sentenza depositata ieri è stata confermata la condanna inflitta nel merito a un imprenditore lombardo per il reato di omesso versamento IVA di cui all’articolo 10-ter del D.Lgs. n. 74 del 2000.

L’imputato non è riuscito a dimostrare la dedotta carenza dell’elemento soggettivo del reato, essendosi limitato ad allegare, in modo assolutamente generico, lo stato d’illiquidità della società da lui amministrata.

Quando il reato non è punibile.
 Per gli Ermellini è possibile escludere, in astratto, l’assenza di dolo e l’assoluta impossibilità di adempiere l’obbligazione tributaria. È tuttavia necessario che siano assolti gli oneri di allegazione che, per quanto attiene la crisi di liquidità, dovranno investire non solo l'aspetto della non imputabilità a chi abbia omesso il versamento della crisi economica che ha investito l'azienda o la sua persona, ma anche la prova che tale crisi non sarebbe stata altrimenti fronteggiabile tramite il ricorso, da parte dell'imprenditore, a idonee misure da valutarsi in concreto (non ultimo, il ricorso al credito bancario).

Detto in altri termini, il contribuente che voglia giovarsi in concreto di tale esimente - evidentemente riconducibile alla forza maggiore (ex art. 45 c.p.) – “dovrà dare prova – si legge in sentenza - che non gli è stato altrimenti possibile reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, atte a consentirgli di recuperare la necessaria liquidità, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e a lui non imputabili” (cfr. Cass. Sez. III pen. n. 5467/2014).

Insomma, l’impossibilità ad adempiere, quando è dovuta al dissesto economico aziendale e personale, configura l’esimente della forza maggiore. Ma tale impossibilità, evidenziano i giudici della Terza Sezione Penale, va dimostrata, e nel caso di specie ciò non è avvenuto. Il ricorso dell’imprenditore è stato pertanto respinto.

giovedì 8 maggio 2014

PROFESSIONISTI LIBERI CONTRO TUTTE LE MAFIE - PROPOSTA DIRETTA AI COLLEGHI COMMERCIALISTI





LETTERA APERTA AI COLLEGHI COMMERCIALISTI


La società civile ha il dovere di contrastare la criminalità organizzata per rendere la vita democratica e partecipativa effettivamente libera da condizionamenti.

La penetrazione delle mafie, al sud come al nord ma anche sulla scena internazionale, nasce grazie al verificarsi di una pre-condizione di vuoto  etico degli attori principali della vita quotidiana.

Spesso abbiamo pensato, e purtroppo anche per un lungo periodo, al fenomeno mafioso, così come a qualsiasi altro fenomeno criminoso associativo, come a una realtà appartenente solo a certe “aree grigie” della società e a fenomeni strettamente legati all’attività di “criminali tra criminali”.

La società civile, nel corso degli anni passati, non ha tenuto conto e non ha voluto vedere che la forza delle associazioni criminali risiede proprio nella capacità che esse hanno di collegarsi con “agenti” esterni al nucleo criminale.

Le associazioni mafiose hanno avuto, storicamente, un bacino di connivenze e complicità, che, a volte inconsapevolmente, hanno generato ramificazioni nell'indifferenza totale e nella presunzione che quello del crimine organizzato fosse un problema degli altri.

Le mafie hanno sempre mirato a infiltrare l'economia e condizionare la politica.

Lo hanno fatto in passato e continuano a farlo con nuovi strumenti e maggiore capacità di penetrazione, approfittando di un tessuto sociale oggi molto fragile e disgregato.

C'è, nel nostro paese, un'illegalità diffusa che non va confusa con le mafie, ma che rafforza una mentalità favorevole alle logiche mafiose.

Per questi motivi ritengo fondamentale che i professionisti, più di ogni altro settore di attività, siano “attori” sensibili di una realtà complessa e articolata.

Sappiamo bene che la corruzione significa 120 miliardi di euro sottratti ogni anno ai servizi sociali, alla scuola, al lavoro, alla sanità, cioè alle basi della democrazia: una tassa di 2000 euro per ogni cittadino!

Ricordiamo tutti quanto diceva il prefetto Dalla Chiesa quando affermava che per sconfiggere le mafie bisogna dare come diritto ciò che esse offrono come favore.

Non è possibile costruire una società migliore, votata al “bene comune”, se non facciamo nostra la filosofia del rispetto della legalità come principio fondativo del diritto di cittadinanza. Per far ciò ognuno di noi deve assumere un comportamento conseguente. 

La pericolosità del sistema mafioso impone ad ogni soggetto sociale, singolo o associato, pubblico o privato, di svolgere un ruolo attivo nel contrastarlo.

La Mafia si potrà sconfiggere solo se a combatterla non saranno più alcuni soggetti isolati, ma tutte le istituzioni, compresi gli Ordini Professionali oltre che la larga maggioranza della società civile, anche attraverso l’assunzione simbolica, ma per questo fortemente significativa di un impegno morale, di un atto di impegno etico contro TUTTE LE MAFIE.

A tal al fine proporrei di avviare una discussione per verificare la disponibilità dei colleghi singoli e dell’Ordine Professionale a cui apparteniamo a sottoscrivere il “Manifesto dei Professionisti Liberi” promosso da LiberoFuturo e Addiopizzo.

Sarebbe un bel segnale di impegno civico.

Campobello di Mazara 07 maggio 2014

                                                                         Dott. Victor Di Maria